venerdì 11 giugno 2010

LA PEDOFILIA DEI PADRI SPIRITUALI



Ai Sacerdoti piace essere chiamati “Padre” e, preferibilmente, la gente li chiama e li definisce con questo appellativo. Anzi a molti cattolici piace anche definirsi “figlio spirituale” del proprio Padre Spirituale, ed anche i Padri Spirituali chiamano “figli spirituali” quelli che li frequentano.

L’attribuzione del ruolo di “paternità spirituale”: inconsciamente è anche compensativa della carenza e della frustrazione della paternità fisica, mettendo in atto una pulsione comportamentistica imitativa del comportamento dei veri padri fisici.

Comunque tutto quello che avviene a livello di inconsapevolezza, o di non piena consapevolezza, corrisponde sempre ad una perdita di autocontrollo, e soprattutto dell’autocontrollo delle proprie pulsioni genitali, che il soggetto, in stato di piena coscienza aveva promesso e giurato di autocontrollare come impegno più importante della sua scelta di vita.

Putroppo la perdita di autocontrollo delle proprie pulsioni genitali avviene anche tra gli stessi fisici, che con la violenza sessuale, pretendono di esercitare la padronanza sulle proprie creature, anche rivendicando legalmente il diritto di proprietà sui minori, particolarmente nelle circostanze di separazione dei genitori; e i giudici la devono riconoscere, nonostante maltrattamenti e di eventuali abusi sessuali perpetrati verso i loro figli. Questi riconoscimenti legali arretrano la civilizzazione, riportando la società all’epoca dell’antica Roma, quando riconosceva al “paterfamilias” il diritto di vita e di morte su moglie e su figli. Oppure si ripete la”strage degli innocenti”, di erodiana memoria.

Il fenomeno della pedofilia accade più frequentemente in ambienti che raccolgono numerosi bambini “handicappati” da sintomi di povertà, di abbandono, di cecità e sordomutismo, di mutilazione o handicap fsico, di perdita precoce dei genitori; si tratta di orfanotrofi, patronati, collegi e qualsiasi comunità di minori, gestite da persone che hanno scelto il celibato per dedicarsi alla gestione dei bambini adolescenti e preadolescenti colpiti da queste disgrazie. Infatti più le sintomatologie si concentrano: più provocano bisogno di tenerezza, di commiserazione e di compassione.

Comunque le comunità sono sempre costituite da somme di beni e di mali, che pesano enormemente sulla buona e sulla cattiva coscienza di chi li gestisce.
Anche il Papa Woytila aveva scritto la raccomandazione di non concentrare ragazzine nelle sacrestie per fare da chierichette, ma a questo appello non si è dato alcun ascolto, come i fatti dimostrano.

La stessa minor età è un fattore provocatorio di questi interventi pedofili.
Ultimamente questo comportamento è stato favorito, accreditato, o permesso dalla autorevolezza della psichiatria, che il “famoso” psichiatra Richard Gardner ha personificato formulando, sul piano comportamentistico, metodi educativi e rieducativi per soggetti normali e deboli. Evidentemente la teoria di Gardner è stata giustificata dalla “deformazione professionale”, che sempre avviene da parte di chi si dedica esageratamente o esclusivamente all’esercizio nella propria professione. L’impressione che lasciano le sue teorie acquisiscono maggiore importanza anche perché sono idee di un medico e di uno psichiatra, e comunque contengono delle novità o contradizioni a ideologie precedentemente accettate.

A tutto si aggiunge che i comportamenti amorosi frequentemente avvengono in occasione di disgrazie, di disagi, di incomprensioni, di infedeltà, o di qualsiasi dispiacere e si tratta di isterismi compensativi di tutto quello che è accaduto di male; i pedofili normalmente sfogano il proprio isterismo, sempre inventando mali o beni che esistono o non esistono nella realtà delle persone abusate.

Tutti i pedofili ritengono di esercitare un benevolo paternalismo, attraverso la manipolazione sessuale, specialmente i “Padri Spirituali”, affermando di svolgere affettuosamente un’attività di assistenza, di educazione o anche di insegnamento tendendo a identificare con l’amore l’esercizio della propria incombenza e arrivando anche a definirlo missione.

Inoltre può dirsi pedofilia anche l’intrattenimento, comunemente più frequente e più lungo sui comportamenti sessuali, del proprio figlio spirituale, o del proprio allievo, o del proprio educando: attribuendosi il diritto e dovere di fare un discorso di educazione sessuale, specialmente nel periodo della preadolescenza, quando gli adolescenti incominciano a sentire maggiormente le prime pulsioni sessuali.

Il discorso della educazione sessuale assolutamente non appartiene al sacerdote, né all’educatore, né al docente come tale. Chi crea la vita ha il dovere e il diritto di istruire la propria creatura, sulle leggi della vita che gli ha data, creando anche la vita psichica, che è completezza di vita. Infatti questo dovere naturalmente il genitore lo svolge verso i tre anni, quando gli inculca la necessità e la motivazione dell’abbigliamento.

È un dovere che purtroppo deve sempre fare, anche controvoglia, perché insegna il male alla propria creatura, rendendola maliziosa e maligna.

Il sacerdote, che ha scelto di svolgere il compito della educazione e della gestione della spirituale, attraverso la sublimazione mistica della fisicità, cresciuta nello stesso sacerdote, come ogni altro essere umano normale: si è impegnato con il voto perpetuo del celibato, ad astenersi da ogni intervento fisico erotico e genitale sul proprio e altrui corpo.

La pedofilia esercitata dalle persone che hanno scelto il celibato dimostra la inopportunità della qualifica di “voto perpetuo”.
Infatti nella vita accade che sia umanamente sempre possibile cambiare opinione, o convinzione. o scelta.

Più utile ed opportuno in ogni tempo sarebbe allora il “voto temporaneo”, allo scadere del quale il sacerdote e qualsiasi persona “consacrata” possono sentirsi di continuare ad assumersi la responsabilità di quell’impegno, oppure di non sentirsi più in grado di assumersi quella responsabilità.

Come potrebbe accadere che gli stessi responsabili supremi delle istituzioni ecclesiastiche abbiano motivazioni di non ritenere più opportuno l’affidamento di queste responsabilità.

Il rinnovo è sempre un processo di generazione, o di rigenerazione della vita, e la vita l’ha capita solo chi ha capito che bisogna sempre ricominciare; mentre chi ha solo capito che bisogna “continuare”: non ha capito niente del valore della vita.

Dr.Giovanni Basso – Psicologo



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