mercoledì 8 dicembre 2010

sabato 4 dicembre 2010

L'Europa contro la violenza sui bambini

(per vedere il video clicca sul titolo)

martedì 23 novembre 2010

L' ITALIA IGNORA I BAMBINI



tratto da Movimento per l'Infanzia

Nei paesi occidentali è presente una forte resistenza ad accettare che anche i bambini nati e vissuti in paesi democratici e industrializzati possano soffrire a causa della violenza operata dagli adulti.
Tale resistenza cammina sulle gambe della disinformazione e della conseguente indifferenza.
Le forme di violenza che nei paesi occidentali, e quindi anche in Italia, i bambini subiscono possono essere così catalogate: violenza sociale, fisica, psicologica, sessuale, ambientale, istituzionale e assistita.

Per quanto riguarda l’Italia, ma il discorso è estensibile a tutti i paesi industrializzati, abbiamo una gravissima questione aperta che riguarda l’integrità psicofisica dei bambini, questione puntualmente rimossa dall’opinione pubblica, dalla classe politica e dai media.

Relativamente alla violenza sociale (povertà, degrado, traumi da incidenti stradali, domestici) è necessario sottolineare che in Italia circa il 16% dei bambini vive al di sotto della soglia nazionale della povertà , sono circa quindi 1.500.000 bambini italiani che, senza alcuna colpa o responsabilità o possibilità di attivarsi autonomamente per migliorare la propria condizione economica, vivono in gravi condizioni di disagio sociale, psicologico, culturale.
La prima causa di morte per gli adolescenti risultano essere gli incidenti stradali e la seconda causa di morte i suicidi , infine sono migliaia i bambini e gli adolescenti che ogni anno subiscono danni permanenti a causa di incidenti domestici e stradali.

La violenza sessuale, psicologica e fisica è invece in gran parte sommersa, non percepita cioè dalla comunità perché denunciata solo nell’1% dei casi.

Vi sono numerosi studi sulla diffusione del fenomeno della violenza sessuale subita in età infantile che sono stati compiuti attraverso ricerche scientifiche di carattere retrospettivo, condotte cioè mediante l’intervista o la somministrazione di questionari anonimi compilati da una popolazione adulta o adolescente.
I risultati delle ricerche retrospettive in genere variano da un minimo del 10% a un massimo del 50% della popolazione che afferma di essere stata vittima, in età infantile, di qualche forma di violenza da parte di persone adulte, con una media attestata attorno al 15%-20% .

Secondo uno studio italiano portato a termine dal Censis , Il rapporto fra emerso e sommerso sarebbe di 1 a 100, mentre serie ricerche scientifiche condotte in Italia indicano che il 10 – 15% dei bambini avrebbe subito violenza sessuale (con contatto), ciò significa che, nel nostro paese, ogni anno si consumerebbero un numero variabile fra i 50.000 e gli 80.000 casi di violenza sessuale a danno di bambini, le denunce presentate all’autorità giudiziaria sono invece circa 800 delle quali una gran parte di queste si concludono con l’archiviazione o con l’assoluzione dell’imputato. Questi dati sono del tutto simili a quelli ottenuti da altre ricerche portate a termine in altre parti del mondo occidentale.

Un’ulteriore e autorevole conferma giunge dallo studio sulla violenza ai bambini commissionato dall’ONU nella quale si afferma che da un’analisi complessiva di una serie di studi realizzati in 21 paesi fra i più sviluppati è emerso che una percentuale variabile fra il 7 e il 36% delle donne e una variabile fra il 3 e il 29% degli uomini avevano riferito di essere stati vittime di violenze sessuali durante l’infanzia.

Il dramma della violenza sessuale, psicologica, fisica a danno dei bambini, nei paesi occidentali, è un fenomeno sommerso, rimosso dalla coscienza civile, ma largamente diffuso nella società, in tutte le categorie sociali, molto più di quanto l’opinione pubblica ne abbia reale consapevolezza.Dalle ricerche citate risulta ancora che il 3% della popolazione afferma di avere subito, in età infantile, violenze fisiche e l’11% violenze psicologiche. .
Quale che sia l’esatta entità del fenomeno è innegabile che la violenza (sessuale, fisica, psicologica) sommersa, in Italia, come in tutti gli altri paesi industrializzati, è un fenomeno gravissimo e diffuso che andrebbe urgentemente monitorato; i dati di queste ricerche sono stati diffusi in numerose occasioni, anche e specialmente da esponenti del Movimento per l’infanzia, ma sono caduti sempre nell’indifferenza generale.

Possiamo affermare, senza tema di smentita, che esiste anche in Italia una grave e urgente questione sociale relativa alla salute dei bambini che viene rimossa dai mezzi di informazione, emarginata nel dibattito politico, esclusa dai grandi temi delle questioni sociali, non elaborata dalla nostra cultura e di conseguenza, ignorata dal grande pubblico.

G.Coffari (Presidente del Movimento per l'Infanzia)

martedì 9 novembre 2010

LA PREVENZIONE DEGLI ABUSI ALL'INFANZIA



Parlare di prevenzione degli abusi all'infanzia non e' cosa semplice perche' il fenomeno ha cosi' tante sfaccettature ed implicazioni -che spaziano in parecchi campi diversi- che circoscrivere in poche righe un "manuale di prevenzione" risulta molto arduo. Questo pero' non ci deve scoraggiare, solo dobbiamo decidere se dare all'argomento un taglio personalizzato (cosa posso fare io nell'immediato, tenendo conto che sono: genitore, insegnante, amministratore pubblico, sacerdote, uomo comune, bambino) oppure guardare il fenomeno dall'alto valutando tutte le possibili strade per combattere la pedofilia su fronti compatti.

Famiglia, scuola, amministrazione pubblica, enti vari sono tutti attori da impegnare in un serio programma di lotta alla pedofilia, ciascuno nel suo ambito e con le sue competenze, ma che devono agire sempre a complemento l'uno dell'altro, in modo sinergico, per creare un fronte unico alla lotta e soprattutto sopperire la' dove le altre istituzioni latitano.
La famiglia ha dei precisi compiti ma la scuola non puo' esimersi ne' dall'affiancare la famiglia in quest'ambito, ne' dal sopperire alla famiglia quando questa e' assente o ancora peggio quando e' in famiglia che vengono perpetrate le violenze. In ognuno dei due casi parlare al bambino non e' facile ed il cammino di prevenzione deve essere "calibrato" sull'eta' anagrafica, ma anche psicologica del bambino e del ragazzo.
Dalla famiglia parte il processo di sviluppo e di socializzazione del bambino, e' quindi la famiglia la prima ad essere chiamata a rapporto nella lotta agli abusi. E' importante per ogni genitore ricordare che anche la piu' piccola cosa detta o fatta al bambino resta nella sua memoria piu' o meno consciamente per sempre. Mai sottovalutare il modo in cui si parla al bambino ed in particolare del modo in cui lo si prepara alla vita sessuale.

I GENITORI dovranno :

• - fin da piccolo abituare il bambino a conoscere ed esplorare il proprio corpo senza tabu', senza paure e senza vergogne, evitare di utilizzare allo scopo espressioni scorrete che facciano pensare ad un che di "sporco" al suo riferimento (ad esempio una volta ci si riferiva ai genitali come alle "vergogne")

• - rispondere al bambino sempre in maniera sincera sulle domande che riguardano il corpo ed il sesso (mandiamo in pensione cavoli e cicogne e ricordiamoci che sempre va data una risposta, semplice ed adeguata in base all'eta', ma VERA)

• - iniziamo quindi una corretta educazione sessuale presto, per evitare che le notizie arrivino al bambino da altri canali (gruppo di amici, televisione, riviste) in modo scorretto o volgare; questo puo' determinare interpretazioni sbagliate degli atteggiamenti sessuali e di cio' che e' "giusto" e cio' che non lo e', se non dei veri e propri traumi, che saranno difficili da elaborare se non in un futuro lontano

• - evitiamo di utilizzare in modo volgare e continuo delle parole che identificano riferimenti sessuali alla stregua di parolacce; queste volgarizzazioni fanno solo aumentare la sensazione di "sporco", di male o di brutto in relazione a certe parti del corpo spiegare ad un bambino che se un adulto lo tocca in certi posti o gli dice di fare o andare da qualche parte senza dirlo alla mamma, questo e' male; che sempre un rapporto intimo tra un bambino ed un adulto e' male. In ognuno di questi casi ne deve parlare subito con la mamma o con un adulto di cui si fida.

• - facciamo in modo di essere sempre disponibili verso il bambino, se il bambino chiede maggiori attenzioni, cerca il dialogo, mai liquidarlo con "adesso non ho tempo"; dare sempre peso a quello che dice il bambino; e' vero in alcuni casi i bambini possono riferire cose "non vere", ma anche la "bugia" puo' essere specchio di un disagio interiore che va indagato. La psicologa Maria Rita Parsi, a questo proposito, dice che ..."i bambini non dicono bugie ma abitano le favole perche' sono fatti di favole..."; ecco bisogna imparare a capire quelle favole, capire il loro significato piů profondo. Anche la bugia, cioe', puo' avere motivazioni legate ad un profondo disagio che, a sua volta, puo' rendere il bambino fragile ed a rischio. Rassicurare sempre il bambino sul fatto che sui genitori puo' contare e se invece rifugge il dialogo, se apparentemente non accetta lo scambio, senza essere invadenti, e' necessario cercare di capire l'origine di quell' indifferenza, di quel mutismo, di quella solitudine, cio' puo' essere infatti specchio di qualcosa di gia' avvenuto ma puo' anche essere sintomo di una difficolta' nei rapporti interpersonali che lo pone ugualmente a rischio.

• - spieghiamo al bambino che ci possono essere persone cattive ma anche persone apparentemente simpatiche che dopo si rendono colpevoli di cose cattive verso i bambini; che anche amici e parenti possono esserlo e che quindi e' necessario che ogni incontro e proposta che gli viene fatta sia comunicata anche alla mamma; con questo pero' non si devono vedere i mostri dove non ci sono, non si deve esagerare con la "messa in guardia", non creare nei bambini paure immotivate, solo si deve renderli consapevoli che un problema potrebbe esserci Per bambini non piů piccolissimi si puo' valutare anche di leggere insieme dei libri scritti per la loro eta', che trattino del problema (ad es. "SOS Tamagotchi" di Azzolini Cerese, ed.Internea; "Quel signore mi fa paura" di Virginie Dumont, ed Motta Junior; Stop alla violenza, di Virginie Lou, ed Motta Junior ), nonche' visionare insieme la favola di Cappuccetto Rosso sul sito www.aquiloneblu.org. Siccome anche Internet potrebbe essere un canale di adescamento, cioe' un modo che ha il pedofilo di contattare i bambini, e' bene che l'accesso ad Internet sia sempre controllato dai genitori: proporre ai bambini di "navigare" insieme, piuttosto che lasciar fare da loro stessi e bloccare lo stesso accesso con delle password che solo mamma e papa' conoscono; se il ragazzo e' invece piu' grande, valutare insieme come filtrare comunque il suo accesso a certi siti, magari con software che bloccano esplicitamente l'accesso quando vengono rilevate parole che hanno a che fare ad es. con la pornografia; da ultimo controllare nella memoria del computer se sono stati visionati siti particolari. Qualora il genitore avesse ragioni per temere una violenza o comunque che qualcuno abbia delle attenzioni particolari verso il bambino, dovra' innanzitutto rassicurare il bambino e valutare la gravita' della situazione; in casi conclamati dovra' rivolgersi a chi e' in grado di aiutare il bambino a superare il trauma: medico, psicologo, assistente sociale, ma contemporaneamente denunciare il fatto alle forze dell'ordine. Per un consiglio o una segnalazione potra' anche contattare il Telefono Azzurro (numero verde tel: 19696) o Telefono Arcobaleno (numero verde tel. 800025777), nonche' le associazioni e gli enti che si occupano di minori (alcune delle quali indicate anche nel sito di Aquilone Blu).

PER LA SCUOLA:
la scuola deve coadiuvare la famiglia in un'educazione sessuale corretta e contemporaneamente nella messa in guardia dei bambini su possibili attenzioni sessuali sbagliate nei loro confronti; bisogna superare il tipico braccio di ferro scuola- famiglia in cui una addossa all'altra la titolarita' di tale incarico: ciascuna dalla sua angolazione dovra' farlo. La scuola potra' essere anche il luogo dove organizzare incontri di aggiornamento per le famiglie, gli insegnanti e tutto il personale scolastico e parascolastico; la scuola nella sua "globalita'" dovra' poi supervisionare il suo personale, compreso quello di societa' esterne che lavorano a scuola tramite appalti e convenzioni.
Ancora di piu', poiche' spesso gli abusi avvengono in famiglia, e' proprio alla scuola demandata la responsabilita' di intervenire anche in concreto. Ma come? Rendendo edotti gli insegnanti sul problema e sulla sua gravita', dando loro gli strumenti adeguati (anche attraverso incontri di formazione ed aggiornamento) per aiutarli a individuare nei temi dei bambini e nei loro disegni tracce di un eventuale disagio, facendo si che essi non sottovalutino mai richieste inconsapevoli di aiuto e invitandoli a segnalare sospetti alle autorita' scolastiche e prima ancora al medico scolastico, alla psicologa scolastica , alle insegnanti di sostegno. Questo personale che comunque nelle scuole deve esserci, e' giusto che venga allarmato sul fenomeno pedofilia e sia in grado di prendere in mano la situazione in caso di sospetto (ovviamente anche qui senza gridare al lupo al lupo, ma agendo in modo discreto per valutare effettivamente la veridicita' della cosa) ed in caso di violenze conclamate.

ALL'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA,
e' demandato infine il compito di valutare se leggi e regolamenti sulla pedofilia siano effettivamente impostati in modo tale da trovare e condannare gli autori delle violenze e tutelare le piccole vittime, agendo con discrezione e rassicurazione. Nel caso poi delle amministrazioni locali che sono piu' vicine ai cittadini e quindi anche ai bambini, si chiede di vigilare col proprio personale e a mezzo polizia municipale nei luoghi fisicamente frequentati dai bambini: campi gioco, campi scuola, impianti sportivi, centri estivi ma anche strade e giardini. Infine si chiede agli assessori ai servizi sociali di mantenere all'interno dei loro programmi di intervento un occhio aperto alla pedofilia, organizzando, se necessario incontri pubblici a tema.

ALLA SOCIETA' CIVILE, ai sacerdoti, agli animatori, alle baby-sitters, a tutte le persone "comuni" chiediamo di non sottovalutare il problema e di non chiudere gli occhi di fronte ad un sospetto, alle grida della porta accanto, alle lacrime di un bambino ma di avere coraggio a combattere l'omerta'.

AI BAMBINI STESSI:

chiediamo di non cedere mai alle lusinghe di chi non conoscono e di rifiutare contatti fisici che non aggradano, anche se chi li cerca e' un amico o un parente; chiediamo di parlare se qualcuno fa loro del male anche se sono stati minacciati: chiediamo di riferire a qualcuno anche i segreti brutti che puo' avergli confidato un amichetto.
Chiediamo infine di non temere e di non perdere mai fiducia che nel mondo ci siano anche persone buone che sono in grado di aiutarli.


Alessandra Martinelli

venerdì 24 settembre 2010

Prima di denunciare una violenza


(Interessante articolo di:
"Femminismo a Sud)"



"In tema di prevenzione di violenza domestica ma anche in tema di prevenzione di violenza maschile realizzata per interposta persona o tribunale.

Le donne vittime di violenza e tutte le persone che si occupano di lotta contro la violenza maschile, ovviamente ci riferiamo a quelle che non lo sanno già, devono sapere che:

- non basta avere ragione per avere ragione;
- non basta sapere di avere subito violenza quando sei in un’aula di un tribunale;
- non basta sapere che vostro figlio è stato abusato dal padre quando sei in un’aula di un tribunale.

Per avere ragione devi dimostrare che hai ragione. Ricordiamo che ci occupiamo di questo perché la violenza maschile per procura, giudiziaria, con metodi (legali), come volete chiamarla, è una violenza che sta massacrando centinaia di donne condannandole al silenzio, terrorizzate, sotto minaccia e costante intimidazione di avvocati senza scrupoli al servizio di ex mariti che si servono della legge (del più forte) per torturare la propria ex, sottrarle tutto quello che ha, con richieste che vanno dal risarcimento monetario di decine di migliaia di euro fino al carcere per quelli che proprio vogliono vedere le ex mogli in galera.

E’ un metodo privo di conseguenze, non c’è sangue, non ci sono ferite visibili, non è perseguito legalmente, ma è una forma di stalking molesto che fa leva su tutta la propaganda messa in circolazione dai padri separati.

Se tu hai subìto violenza dal tuo ex marito e l’hai denunciato, dato che lui può contare su una società misogina che lo appoggerà ogni volta che dirà che tu sei una bugiarda, dato che può contare su avvocati che pur di vincere ti faranno sputare sangue, dato che è circondato da soggetti che esasperano il vostro conflitto per conseguire successi a vantaggio della categoria, dato che il suo obiettivo è vendicarsi di te e non affrontarne le conseguenze, dato che in italia sono le donne che subiscono violenza a dover provare quanto dicono in quanto che sono loro a subire il vero processo a vantaggio dell’accusato, devi assicurarti:

- di avere delle prove valide;
- di avere un buon avvocato;
- di non essere precipitosa;
- di essere in grado di realizzare pazientemente una tela che racchiuderà esattamente tutto quello che il vostro ex vi ha fatto.

Se il vostro partner vi picchia, stupra, molesta psicologicamente, fa del male a vostro figlio, prima di denunciarlo abbiate cura di:
- registrare le vostre conversazioni;
- filmare le violenze;
- fare refertare (da medici) – anche con fotografie dei danni visibili – tutti i graffi, i lividi, le lesioni, le incrinature, i danni fisici, biologici, psicologici che il vostro partner vi ha inferto o ha inferto ai vostri figli;
- recuperare documenti, dati, file che possono esservi utili a dimostrare le vostre accuse;
- non andare via di casa senza prima aver fatto tutto questo a meno che non siete in imminente pericolo di vita.



Ricordate che quella che state vivendo è galera. Voi siete condannate senza appello ad una prigione dalla quale il vostro carceriere non vi farà uscire senza avervela fatta pagare. Perciò dovete recuperare equilibrio, sicurezza, forza e dovete progettare la vostra fuga procurandovi le prove che non gli permetteranno mai e poi mai di perseguitarvi anche in tribunale. Come potrebbe farlo?

- vi può denunciare per diffamazione e calunnia e chiedere che vi venga inflitta una pena carceraria o rovinarvi con una richiesta di risarcimento enorme;
- può chiedere l’affidamento di vostr@ figli@ che secondo le leggi attuali, volute proprio dai padri separati, equivarrebbe a tenervi sotto scacco, nelle vicinanze, e poter entrare e uscire quando vuole dalla vostra vita;
- può attribuirvi una sindrome inventata (pas) dicendo che i motivi per cui voi l’avete denunciato hanno a che fare con la vostra presunta decisione di non fargli vedere vostr@ figli@. In quel caso potrebbe anche chiedere una pena carceraria a risarcimento dell’impedito rapporto tra padre figli@, anche se era vostr@ figli@ a non voler vedere il padre;
- può ricattarvi, trovare mille altri cavilli per farvi perseguitare legalmente e assieme a voi può ricattare e minacciare di denuncia ogni professionista, avvocato, perito di parte, associazione che vi ha assistito nella vostra battaglia per difendervi dalla sua violenza.



Sappiate che un ex marito violento non si ferma davanti a niente. Pensate alla persecuzione legale come a qualunque tipo di altra persecuzione. Vi trovate davanti una persona senza scrupoli, appoggiata da altre persone senza scrupoli, che hanno come unico scopo quello di intimidire le donne e impedire che denuncino le violenze subite. Hanno come scopo quello di negare che le violenze avvengano e di recuperare o mantenere privilegi sociali e nel rapporto uomo/donna che hanno perso o non vogliono perdere.

Esistono gli uomini che possono uccidervi con una pistola, un coltello, un martello, strangolandovi, picchiandovi a sangue. Ebbene: quelli sono i più stupidi perché comunque avranno rovinato la loro vita senza gustare la vendetta che ritenevano un piatto gustoso.

Esistono gli uomini che vogliono uccidervi e vi stanno uccidendo in mille modi invisibili e tra questi esiste anche la persecuzione legale e l’embargo economico. Tra questi esiste anche l’isolamento che creano attorno a voi minacciando tutte le persone che potrebbero o vorrebbero aiutarvi. Un isolamento ottenuto sapientemente con la distruzione e lo smantellamento di tutte le strutture, come per esempio i centri antiviolenza, ai quali potete fare riferimento.

Gli uomini che compiono questa violenza sono numerosi, sono più furbi, vi terrorizzano, vi impediscono di parlare mentre loro vanno in giro per talk show televisivi a diffamarvi.
Sono quelli che si vendicano senza mai pagare le conseguenze di quello che fanno.

Sono quelli che hanno trasformato i tribunali civili e penali in veri e propri tribunali dell’inquisizione dove professionisti, periti, servizi sociali sono addestrati e piegati al servizio di questa perfida logica per garantire impunità ai maschi violenti e punire invece le vere vittime della violenza.


Dovete dunque imparare che:

- il silenzio non paga: se siete in situazioni di ricatto dovete dirlo e dovete descrivere quello che vi succede per quello che è, ovvero un ricatto, un insieme di intimidazioni, minacce costanti alla vostra serenità che vi tolgono il respiro e ogni possibilità di esistenza;
- dovete recuperare le prove di qualunque cosa, incluse le conversazioni scritte che sono intercorse tra voi e l’ex marito, il suo avvocato, i professionisti che ha assoldato come cecchini per massacrarvi;
- dovete esigere di ottenere rispetto in quanto vittime: siete voi quelle che hanno diritto di parola e non i vostri carnefici. Non lasciate che loro parlino anche per voi. Non fatevi rubare le parole, l’aria, la dignità. Non permettete loro di scorazzare per le strade, reali e virtuali, impuniti e arroganti, certi che non pagheranno mai e certi soprattutto di avervi in pugno.

Voi siete più forti e – credeteci – tenere la testa sotto la sabbia sperando che nel frattempo tutto passi e lui si calmi non serve a niente. Lui non si calmerà e voi sarete e rimarrete sempre delle vittime.

Lo vedete anche voi: da un lato vi si dice di denunciare e venire fuori e dall’altro nessuno però vi spiega quale inferno andrete ad affrontare, quante umiliazioni, mortificazioni, accuse, solo per esservi difesa da una violenza che non dovrebbe essere permessa nei confronti di nessuno".

martedì 14 settembre 2010

La violenza ai minori negli istituti e nelle strutture giudiziarie


Promozione e Protezione dei Diritti dell'Infanzia
La violenza ai minori negli istituti e nelle strutture giudiziarie
53. Sono milioni i bambini, in particolare i ragazzi, che si trovano a vivere un periodo considerevole
della loro esistenza all'interno di istituzioni, come orfanotrofi, case-famiglia, istituti di accoglienza,
stazioni di polizia, carceri, strutture per la detenzione minorile e riformatori, dove sono sottoposti al
controllo e alla tutela delle autorità responsabili e del sistema giudiziario

41. Questi bambini sono esposti
alle violenze perpetrate dal personale impiegato negli istituti, proprio da chi dovrebbe invece avere
il compito di prendersi cura del loro benessere.
Nella maggior parte dei paesi le punizioni corporali
impartite all'interno di queste istituzioni non sono esplicitamente proibite.

54. Il sovraffollamento e lo squallore delle condizioni di vita, le discriminazioni e lo stigma sociale,
insieme alla scarsa professionalità del personale impiegato negli istituti, non fanno che aumentare il
rischio di subire violenza.


Spesso mancano meccanismi efficaci per poter segnalare eventuali situazioni di pericolo o disagio, monitorare le condizioni di vita e ambientali, ed effettuare delle ispezioni
all'interno degli istituti, così come sono inesistenti regolamentazioni e controlli da parte dei governi.

I responsabili non sempre vengono assicurati alla giustizia e condannati per le loro azioni, il che alimenta
una vera e propria cultura dell'impunità e della tolleranza della violenza sui bambini.


Le conseguenze
dell'istituzionalizzazione nel lungo periodo possono comprendere un grave ritardo dello sviluppo,
eventuali disabilità, danni psicologici irreversibili e un aumento del numero dei suicidi e dei recidivi.
.
(Studio sulla violenza sui bambini del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Regional Consultation Outcome
Report: Caribbean, Port of Spain, marzo 2005)


55. In tutto il mondo i bambini affidati agli istituti sono 8 milioni. Il numero degli orfani è relativamente
basso, perché nella maggior parte dei casi si tratta di bambini disabili, privi di una famiglia unita
in grado di accudirli, costretti a subire violenza in casa e in condizioni socioeconomiche difficili, se
non completamente poveri.

56. Picchiare i bambini con mani, bastoni e tubi di gomma, sbattere la loro testa contro il muro, chiuderli
in sacchi di tela, incatenarli ai mobili, rinchiuderli in sale gelide per diversi giorni e lasciarli giacere
in mezzo ai propri escrementi, sono alcune delle violenze perpetrate dal personale degli istituti
allo scopo di "disciplinarli".

57. Negli istituti di accoglienza i bambini disabili possono subire violenza a scopo terapeutico. In
alcuni casi, quelli sotto i 9 anni sono sottoposti a trattamenti elettro-convulsivi, senza l'uso di rilassanti
muscolari o di anestetici. Anche l'elettroshock può essere utilizzato come "terapia preventiva", per
controllare il comportamento dei bambini e per renderli più docili; si fa ricorso anche all'uso di droghe,
che "limitano la capacità del bambino di difendersi dalle violenze"
.

58. Anche la negligenza e l'abbandono dei bambini a se stessi sono situazioni caratteristiche di molti
istituti di accoglienza, le cui condizioni sono talmente misere da mettere a repentaglio la loro salute e
sopravvivenza. Numerose strutture di accoglienza per bambini disabili sono del tutto prive di programmi
per la didattica, lo svago, la riabilitazione psico-motoria o per qualsiasi altro tipo di attività.
Spesso i bambini disabili vengono lasciati per molto tempo a letto o nelle culle, senza alcun contatto
umano o senza ricevere stimoli di alcun tipo; una situazione che può causare gravi danni fisici, mentali
e psicologici.

59. I bambini negli istituti di accoglienza sono esposti alla violenza degli altri bambini, soprattutto se
le condizioni di vita interne agli istituti sono misere, se i controlli da parte del personale non sono efficienti
e se i bambini più grandi e aggressivi non vengono separati da quelli più piccoli e vulnerabili.

60. Sebbene sia proibito dalla Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici e dalla
Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, in alcuni paesi è ancora in vigore la pena di morte per i crimini
commessi dai minori di 18 anni. Attualmente in almeno 31 paesi è consentito condannare i bambini a
pene corporali, che in alcuni casi possono includere la fustigazione, la bastonatura, la lapidazione o
l'amputazione.

61. Nonostante l'obbligo, previsto dall'art. 37 della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, di ricorrere
al carcere minorile come ultima ratio e per il più breve periodo possibile, è stato stimato che nel 1999 i
bambini privi di libertà erano 1 milione 47. Molti di questi sono accusati di reati minori o veniali e in
genere, prima di commetterli, erano incensurati.
Molti si trovano in carcere per essersi assentati da scuola
senza permesso, per vagabondaggio o perché privi di fissa dimora. In alcuni paesi la maggior parte
dei bambini detenuti non è stata ancora condannata per i reati commessi ed è in attesa di giudizio.

62. I bambini detenuti nei penitenziari spesso sono costretti a subire violenza da parte delle guardie
carcerarie, con l'intento di tenerli sotto controllo o punirli per infrazioni che, nella maggior parte dei
casi, sono di minore gravità. Il ricorso a pene corporali e ad altre forme di punizioni violente all'interno
degli istituti di detenzione è legalmente consentito come misura disciplinare in almeno 77 paesi.
È permesso picchiare i bambini, frustarli, legarli e sottoporli a trattamenti umilianti, come denudarli e fustigarli di fronte agli altri detenuti. Le ragazze che si trovano in prigione sono particolarmente esposte
al rischio di subire abusi fisici e sessuali, soprattutto se il personale carcerario addetto al loro controllo
è maschile.

63. In ottemperanza a quanto stabilito dalla Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, in molti paesi le
legislazioni nazionali prevedono la realizzazione di strutture penitenziarie separate per i bambini, allo
scopo di prevenire i casi di abuso e sfruttamento da parte degli adulti. Tuttavia sono numerosi i paesi
in cui i bambini sono normalmente detenuti insieme agli adulti. Per i minori in carcere, è elevato il
rischio di maturare tendenze autolesionistiche o suicide, soprattutto se sono tenuti in isolamento o
insieme agli adulti, oppure se il periodo di detenzione è prolungato o indefinito.
"A volte in carcere un giorno sembra durare un anno. Ma dopo dieci giorni ci si fa l'abitudine
e non si piange più tanto".
ragazzo detenuto in un carcere minorile

da 61 Assemble Generale Nazioni Unite
studio del ricercatore P.S. Pinheiro

venerdì 10 settembre 2010

PROTEGGERE I BAMBINI DALLA VIOLENZA


-Assemblea Generale Nazioni Unite-

1. Nessuna violenza sui bambini è giustificabile; tutte le violenze sui bambini possono essere evitate.In ogni paese del mondo si verificano casi di violenza sui minori, senza
distinzioni di cultura, classe, istruzione, ricchezza e origine etnica.
In ogni regione, in contrasto con
l'obbligo di tutelare i diritti umani e con i bisogni legati allo sviluppo dei bambini, non solo la violenza
sembra essere accettata socialmente, ma spesso è autorizzata dalla legge e dalle istituzioni statali.

2. Bisogna porre fine a ogni tentativo, da parte degli
adulti, di giustificare la violenza sui bambini, sia che venga accettata per "tradizione" o mascherata
sotto forma di "educazione".

Non ci possono essere compromessi nella lotta contro la violenza sui
bambini.


L'unicità delle caratteristiche dell'infanzia – potenzialità, vulnerabilità, dipendenza dagli
adulti – impone che la protezione nei suoi confronti aumenti, invece di diminuire.

3. Ogni società, indipendentemente dal suo tessuto economico, culturale e sociale, può e deve fermare
la violenza sui bambini.


Questo non significa soltanto punire i colpevoli, ma avviare una trasformazione
della "mentalità" sociale e delle sottostanti condizioni socio-economiche connesse alla
violenza.

...
5. La violenza sui bambini ha molteplici dimensioni e richiede risposte adeguatamente articolate.
...
6. La protezione dei bambini dalla violenza è una questione urgente.
Per secoli i bambini hanno
sopportato i comportamenti violenti degli adulti senza essere considerati e ascoltati.

Ora che la dimensione
e le conseguenze di ogni forma di violenza sui bambini si conoscono meglio, è necessario garantire
prevenzione e protezione efficaci: è nel loro pieno diritto.


Paulo Sergio Pinheiro
tratto da: "Promozione e Protezione dei Diritti dell'Infanzia", sessantunesima edizione

sabato 17 luglio 2010

AFFIDO DEI MINORI DI GENITORI SEPARATI


( Dr.Giovanni Basso – Psicologo e Psicoterapeuta)

L’affido di minori, figli di genitori separati, evidentemente non può essere gestita dal Giudice, perché il Giudice ha il torto di gestire una “legge uguale per tutti”.


Infatti la “legge uguale per tutti” è sempre e solo una mezza legge, perché è giusto affermare che ci sia una “legge uguale per tutti”, ma deve contemporaneamente anche essere affermata una “legge ad personam” (personale o particolare) che deve necessariamente prendere in considerazione situazioni specifiche e personali del bambino, situazioni specifiche e personali della madre, situazioni specifiche e personali del padre. Lo esige la naturale esistenza di un Giudizio Universale, accompagnato da un Giudizio Particolare.


1 – Situazioni specifiche e personali del bambino: sono le prime e le
più importanti da tenere in considerazione: che età ha? Ha
particolari debilitazioni? Sviluppa una crescita normale, o
precocismi, o ritardi di crescita? L’età cronologica corrisponde
all’età mentale(di cui sono sempre responsabili i genitori)? Con
quale genitore vuole restare? E di quale dei due ha più urgente
necessità?


2 – Situazioni specifiche e personali della madre: quale livello di
simbiosi lega necessariamente ancora la madre alla sua creatura?
Ha eventuali problemi psichici? (dei quali deve tuttavia essere
informata). È capace di non criticare, né di odiare il marito
in presenza del loro bambino? È una persona tranquilla, o è
sempre inquieta, nervosa, sempre scontenta, che critica tutto e
critica tutti? È depressa? Sta bene in salute fisica e psichica? Ha
tempo di dedicarsi sufficientemente ai suoi figli? È permissiva,
o possessiva?


3 – Situazioni specifiche e personali del padre: È persona autoritaria e
violenta (padre padrone!)? Sa non criticare la madre del loro
figlio in presenza di lui? Assisterebbe personalmente il bambino, o
lo affiderebbe ad altre persone? È persona onesta, corretta,
equilibrata? Collabora economicamente, e adeguatamente ai
propri mezzi, al mantenimento e alla miglior crescita dei figli,
anche se questi fossero affidati alla madre?


È possibile che ambedue i genitori possano avere dei problemi controindicativi dell’affidamento, o alcuni di questi problemi sopra citati; il Giudice sarebbe costretto a scegliere il minor male possibile, oltre il male imposto al bambino dalla separazione. Ma se in ambedue ci fossero dei problemi che ipotecherebbero la buona crescita dei figli: in tal caso il Giudice sarebbe costretto ad affidarli a qualche famiglia tra parenti, o famiglie disposte all’adozione, o anche al semplice intrattenimento e ospitalità a tempo indeterminato.


Soprattutto è importante che il Giudice non istituzionalizzi i bambini normali, perché qualsiasi istituto di protezione: non educa ma condiziona, perché è fatto di regole impositive (come le regole di caserma, o delle carceri). Si tenga presente il principio che alle persone normali: la verità si propone, non si impone; come la madre discorsivamente propone ai figli determinati comportamenti.


L’istituto potrebbe essere di aiuto educativo solo se fosse un laboratorio protetto e assistenziale, come dovrebbero essere gli istituti per deboli psico-fisici, in quanto sviluppano la creatività, migliorando quindi la coscienza di se, che è la loro anima (coscienza dell’IO). Infatti ognuno si identifica con quello che fa e sa fare.


Appare pertanto evidente che il Giudice non può, da solo, prendere delle decisioni costituite da tante componenti di cui non è competente.


Quindi deve smettere di far cadere sui bambini personali decisioni arbitrarie, come comunemente i Giudici si comportano.


Come pure le pullulanti associazioni di padri, sono complotti rivendicativi di propri diritti negati, ma le rivendicazioni sono anche vendicazioni, e le vedette sono tutte antieducative.


Il naturale processo e dovere educativo appartiene soprattutto alla madre, che ha generato le sue creature fisicamente e coscientemente e deve continuare a svolgere questo processo generativo.


Ma la generazione è anche distacco da se, cioè: è crescita, come le mamme fanno quando partoriscono, come le mamme fanno tagliando il cordone ombelicale, come le mamme fanno interrompendo la suzione del latte alle proprie mammelle, come le mamme fanno smettendo di accudire ai bisogni fisici dei loro figli, quando raggiungono i tre anni. Come soprattutto le mamme sanno rendere autosufficienti i propri figli (o dovrebbero sapere!).


Fondamentalmente ogni educazione svolta da chi non è madre: è solo compensativa di una grave carenza esistenziale nel processo di crescita del bambino, come la medicina è compensativa della mancanza di salute.

martedì 29 giugno 2010

BAMBINI, RAGAZZI E RAGAZZE SOTTRATTI ALLA FAMIGLIA E COLLOCATI IN STRUTTURE PROTETTIVE


Tutte le Istituzioni Protettive, e parimenti le Istituzioni Punitive (Carceri), sono essenzialmente punitive delle colpe che i minori sono costretti a subire, a causa delle proprie menomazioni, costituite da: povertà (la famiglia non ha mezzi sufficienti di sostentamento), disabilità (handicappati), caratterialità (ragazzi difficili), perdita dei genitori (orfanotrofi), separazione dei genitori, bambini in carcere con la madre, ecc.Inoltre in nome dell’affermazione che i vecchi diventano bambini: anche i Ricoveri di Anziani sono altrettante caserme.

Pertanto il ricovero in questi Istituti è anche un gesto di colpevolizzazione dei minori, a causa delle suddette menomazioni, per le quali vengono appunto istituzionalizzati.

L’istituzionalizzazione purtroppo è anche la dimostrazione dell’affermazione biblica: ”i vostri padri hanno mangiato l’uva acerba e i figli sono nati con i denti legati”.

Fondamentalmente tutti gli Istituti di Protezione sono identici alle Caserme Spartane, dove i maschietti di 4 anni venivano militarizzati, per formare l’ideale del maschio-soldato spartano. Infatti tutti gli Istituti debbono adottare una disciplina che renda possibile la loro esistenza.

Ovviamente il mantenimento è accompagnato dalla “educazione”, o “formazione”, che in questo contesto disciplinare si può definire “condizionamento psichico”, che influenzerà tutta la vita degli ex-ricoverati nelle Strutture Protettive. Forse gli handicappati potrebbero avere bisogno di una assistenza medica, ma ciò non toglie che purtroppo sono sottoposti a disciplina.

Tutto è dimostrato dal fatto che tutti gli istituzionalizzati o i ricoverati se possono scappano il più presto possibile, salvo il processo di condizionamento che li ha persuasi a continuare a restare.

Il processo di civilizzazione comporterebbe che finalmente ogni istituzionalizzazione scomparisse, per dare spazio alle familiarizzazioni, oggi sempre maggiormente possibili. Evidentemente va difeso il diritto di scelta di membri che appartenevano alla propria famiglia, distrutta dalla separazione.
Il Prof. Basaglia è riuscito a fare scomparire i Manicomi, che comunque avevano tante e inenarrabili analogie con le Istituzioni Protettive.

Si potrebbe anche affermare che specialmente l’Istituto Protettivo, pur essendo compensativo di tante carenze, è anch’esso uno psicofarmaco, che condiziona il cervello dei ricoverati.

Pertanto Istituzionalizzare un bambino per sottrarlo al rapporto nefasto con i genitori, o con uno dei genitori, è una violenza peggiore della violenza psichica subita dalla loro separazione. È un punire lui a causa della separazione dei suoi genitori, oltre che essere anche una punizione di uno o dell’altro genitore che non lo ha voluto, o che non permette che l’uno o l’altro benefici della scelta del figlio di restare assieme.

Quindi, in occasione della separazione dei coniugi: anzitutto il primo diritto che esiste e deve essere affermato è la libertà di scelta fatta dal bambino, anche qualora fossero più fratellini e scegliessero tutti di stare tutti dalla stessa parte, trattandosi di esseri umani e non di merce. Semmai il giudice deve accertarsi che il bimbo sia veramente libero di scegliere e non sia influenzato da subdoli ricatti o minacce.

In base a questi principi naturali, oltre che umani: sembrano inutili le sempre più numerose associazioni, specialmente maschiliste, che vogliono affermare o contrattare i diritti genitoriali; infatti sono tentativi di perversione di una legge naturale, che deve restare indiscutibile.


(Dr.Giovanni Basso – Psicologo-Psicoterapeuta e Perito Grafologo)

martedì 15 giugno 2010

I FIGLI DEI SEPARATI NON SONO OGGETTI


La separazione dei genitori causa tanti mali ai figli, particolarmente ai minori.

Infatti i figli fisicamente e psichicamente sono fatti e costituiti dalla realtà psico-fisica dei due genitori, che sono ancora la loro vita che li fa crescere, almeno lungo tutto il tempo della inferiore età.

La separazione è perdita di almeno una componente di questo principio di vita al quale i minori sono necessariamente e naturalmente legati e dipendenti, e pertanto crea uno stato di mortificazione in tutti i figli.
Il loro stare con l’uno o l’altro genitore è sempre una compensazione che tende a coprire questo vuoto mortificante.

Altro male della separazione e del divorzio: è l’orfananza e l’abbandono, nonostante siano affidati all’uno o all’altro dei due; è brutto sentirsi orfani, ma è peggio sentirsi orfani di genitori che esistono ancora, perché l’esistenza ne fa percepire ogni giorno la perdita.

Comunque sono tanti e prevedibili i problemi psico-fisici che gli orfani debbono affrontare e risolvere, quando è anticipatamente venuta meno una di queste due componenti energetiche vitali. Particolarmente gli orfani diventano facilmente persone insicure, perché la sicurezza del bambino si fonda sull’unione tra papà e mamma; nonostante sia meglio, anche per i figli, che i due genitori si separino, piuttosto che vivere in discordia o continue conflittualità distruttive dell’amore.

Soprattutto è importantissimo considerare ed apprezzare che la separazione dei genitori provoca e sviluppa un più forte legame, stringimento e solidarietà tra i fratelli, in occasione della perdita di una persona molto importante nella loro vita, sentita come una disgrazia mortale, della quale i fratellini si sentono superstiti.

Qualora un qualsiasi giudice, o qualsiasi altra persona, imponesse ai fratelli di andare avanti nella vita, ma separandosi tra loro: aggiungerebbe e imporrebbe disgrazia a disgrazia, lutto a lutto!

Putroppo a questa iniquità è arrivato un giudice, riconosciuta ed annullata dal Giudice della Corte d’Appello di Salerno, anche in nome della “mitologia” dell’Antica Grecia.

La separazione tra i minori, figli di genitori separati: è mortificazione umana dei medesimi, in quanto considerati schiavi-oggetto – sia pur di valore – motivata dal dovere di distribuire equamente i beni e i mali tra le parti che ne hanno diritto.

Come inoltre è mortificante purtroppo anche l’orfanatrofio, o qualsiasi Istituto, nei quali vengono collocati i minori, i poveri, o i deboli psicofisici: imprigionati a causa di mancanza o perdite di fattori importanti della loro vita, non attribuibili alla loro responsabilità.

Perché le istituzioni non fanno crescere, come solo i genitori possono fare crescere con le loro persone e con i loro mezzi: bensì condizionano corpi e cervelli, sia pure attraverso l’ambiente e la cultura.

Dott. G. Basso, psicologo, psicoterapeuta

venerdì 11 giugno 2010

LA PEDOFILIA DEI PADRI SPIRITUALI



Ai Sacerdoti piace essere chiamati “Padre” e, preferibilmente, la gente li chiama e li definisce con questo appellativo. Anzi a molti cattolici piace anche definirsi “figlio spirituale” del proprio Padre Spirituale, ed anche i Padri Spirituali chiamano “figli spirituali” quelli che li frequentano.

L’attribuzione del ruolo di “paternità spirituale”: inconsciamente è anche compensativa della carenza e della frustrazione della paternità fisica, mettendo in atto una pulsione comportamentistica imitativa del comportamento dei veri padri fisici.

Comunque tutto quello che avviene a livello di inconsapevolezza, o di non piena consapevolezza, corrisponde sempre ad una perdita di autocontrollo, e soprattutto dell’autocontrollo delle proprie pulsioni genitali, che il soggetto, in stato di piena coscienza aveva promesso e giurato di autocontrollare come impegno più importante della sua scelta di vita.

Putroppo la perdita di autocontrollo delle proprie pulsioni genitali avviene anche tra gli stessi fisici, che con la violenza sessuale, pretendono di esercitare la padronanza sulle proprie creature, anche rivendicando legalmente il diritto di proprietà sui minori, particolarmente nelle circostanze di separazione dei genitori; e i giudici la devono riconoscere, nonostante maltrattamenti e di eventuali abusi sessuali perpetrati verso i loro figli. Questi riconoscimenti legali arretrano la civilizzazione, riportando la società all’epoca dell’antica Roma, quando riconosceva al “paterfamilias” il diritto di vita e di morte su moglie e su figli. Oppure si ripete la”strage degli innocenti”, di erodiana memoria.

Il fenomeno della pedofilia accade più frequentemente in ambienti che raccolgono numerosi bambini “handicappati” da sintomi di povertà, di abbandono, di cecità e sordomutismo, di mutilazione o handicap fsico, di perdita precoce dei genitori; si tratta di orfanotrofi, patronati, collegi e qualsiasi comunità di minori, gestite da persone che hanno scelto il celibato per dedicarsi alla gestione dei bambini adolescenti e preadolescenti colpiti da queste disgrazie. Infatti più le sintomatologie si concentrano: più provocano bisogno di tenerezza, di commiserazione e di compassione.

Comunque le comunità sono sempre costituite da somme di beni e di mali, che pesano enormemente sulla buona e sulla cattiva coscienza di chi li gestisce.
Anche il Papa Woytila aveva scritto la raccomandazione di non concentrare ragazzine nelle sacrestie per fare da chierichette, ma a questo appello non si è dato alcun ascolto, come i fatti dimostrano.

La stessa minor età è un fattore provocatorio di questi interventi pedofili.
Ultimamente questo comportamento è stato favorito, accreditato, o permesso dalla autorevolezza della psichiatria, che il “famoso” psichiatra Richard Gardner ha personificato formulando, sul piano comportamentistico, metodi educativi e rieducativi per soggetti normali e deboli. Evidentemente la teoria di Gardner è stata giustificata dalla “deformazione professionale”, che sempre avviene da parte di chi si dedica esageratamente o esclusivamente all’esercizio nella propria professione. L’impressione che lasciano le sue teorie acquisiscono maggiore importanza anche perché sono idee di un medico e di uno psichiatra, e comunque contengono delle novità o contradizioni a ideologie precedentemente accettate.

A tutto si aggiunge che i comportamenti amorosi frequentemente avvengono in occasione di disgrazie, di disagi, di incomprensioni, di infedeltà, o di qualsiasi dispiacere e si tratta di isterismi compensativi di tutto quello che è accaduto di male; i pedofili normalmente sfogano il proprio isterismo, sempre inventando mali o beni che esistono o non esistono nella realtà delle persone abusate.

Tutti i pedofili ritengono di esercitare un benevolo paternalismo, attraverso la manipolazione sessuale, specialmente i “Padri Spirituali”, affermando di svolgere affettuosamente un’attività di assistenza, di educazione o anche di insegnamento tendendo a identificare con l’amore l’esercizio della propria incombenza e arrivando anche a definirlo missione.

Inoltre può dirsi pedofilia anche l’intrattenimento, comunemente più frequente e più lungo sui comportamenti sessuali, del proprio figlio spirituale, o del proprio allievo, o del proprio educando: attribuendosi il diritto e dovere di fare un discorso di educazione sessuale, specialmente nel periodo della preadolescenza, quando gli adolescenti incominciano a sentire maggiormente le prime pulsioni sessuali.

Il discorso della educazione sessuale assolutamente non appartiene al sacerdote, né all’educatore, né al docente come tale. Chi crea la vita ha il dovere e il diritto di istruire la propria creatura, sulle leggi della vita che gli ha data, creando anche la vita psichica, che è completezza di vita. Infatti questo dovere naturalmente il genitore lo svolge verso i tre anni, quando gli inculca la necessità e la motivazione dell’abbigliamento.

È un dovere che purtroppo deve sempre fare, anche controvoglia, perché insegna il male alla propria creatura, rendendola maliziosa e maligna.

Il sacerdote, che ha scelto di svolgere il compito della educazione e della gestione della spirituale, attraverso la sublimazione mistica della fisicità, cresciuta nello stesso sacerdote, come ogni altro essere umano normale: si è impegnato con il voto perpetuo del celibato, ad astenersi da ogni intervento fisico erotico e genitale sul proprio e altrui corpo.

La pedofilia esercitata dalle persone che hanno scelto il celibato dimostra la inopportunità della qualifica di “voto perpetuo”.
Infatti nella vita accade che sia umanamente sempre possibile cambiare opinione, o convinzione. o scelta.

Più utile ed opportuno in ogni tempo sarebbe allora il “voto temporaneo”, allo scadere del quale il sacerdote e qualsiasi persona “consacrata” possono sentirsi di continuare ad assumersi la responsabilità di quell’impegno, oppure di non sentirsi più in grado di assumersi quella responsabilità.

Come potrebbe accadere che gli stessi responsabili supremi delle istituzioni ecclesiastiche abbiano motivazioni di non ritenere più opportuno l’affidamento di queste responsabilità.

Il rinnovo è sempre un processo di generazione, o di rigenerazione della vita, e la vita l’ha capita solo chi ha capito che bisogna sempre ricominciare; mentre chi ha solo capito che bisogna “continuare”: non ha capito niente del valore della vita.

Dr.Giovanni Basso – Psicologo



mercoledì 9 giugno 2010

La PAS rigettata dall'Istituto di Ricerca dei Procuratori Americani



Riporto un articolo di oggi che merita davvero l'attenzione di chiunque abbia a cuore la tutela dei bambini: qualcosa si sta smuovendo in Spagna, qualcosa si è già smosso in America: attendiamo fiduciosi che il vento del buon senso arrivi al più presto anche in Italia.


Ancora da Velle est Posse che continua a tradurre materiale per raccontarci come la Pas in ambito internazionale non sia stata rigettata, anzi sia stata chiamata "scienza spazzatura". Qui la prima parte del materiale messo a disposizione. All'interno trovate un ulteriore post. Buona lettura!

>>>^^^<<<

Negli Stati Uniti v’è un’evidente complessità, e contrariamente a quanto dicono alcuni, non è vero che la Pas ha soddisfatto gli standar Frye, e soprattutto chi ha generalizzato sulla sindrome non ha tenuto innanzitutto conto del fatto che Stati Uniti sono uno stato federale, con differenze a livello penale e civile profonde fra stato e stato: non a caso sappiano che in alcuni stati è ancora praticata la pena di morte e in altri no. Dunque citare due casi in nome degli interi Stati Uniti d’America risulta essere solo un’affermazione tendenziosa tesa a ribadire una validità che in realtà la sindrome non ha.
L’Istituto di Ricerca dei Procuratori Americani , ha anch’esso rigettato la PAS. ....ecc.




martedì 25 maggio 2010

"LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI"? Affido Condiviso: la legge che fa discriminazioni



Oggi è sano domandarselo. E sì, perchè i Giudici moderni e i CTU presso i Tribunali per i Minorenni, così come gli Assistenti Sociali alla moda, si sono un pò annoiati sempre delle stesse problematiche da risolvere, anche loro hanno in fondo bisogno di cambiamenti per movimentarsi un pò la vita dalla routine quotidiana: e uffa, sempre le stesse sentenze, sempre le stesse liti coniugali, sempre parti e controparti, che si può fare?
Idea magica!! I sopra citati geni dello Stato (pagati cioè da noi) fingendo di garantirci una tutela per i nostri figli, hanno così furbamente agito:

“Facciamo una Legge Uguale per Tutti:
la legge sull ‘Affido Condiviso. Se poi ci dovesse essere qualche noioso ostacolo alla sua applicazione (per esempio i frequenti casi di violenza sui figli da parte di uno dei genitori) a noi non importa: tagliamo la testa al toro e tiriamo fuori qualche psicosi per punire il genitore che fa resistenza alla nostra geniale legge e lo puniamo anche con una Patologia Psicologica Uguale per Tutti: grazie a Gadner abbiamo oggi la fantomatica PAS (è come il prezzemolo: sta bene ovunque un pò di PAS per condire i nostri decreti troppo impegnativi).
E' così facile in fondo risolvere il problema della violenza in famiglia: basta negarne l'esistenza! E' così facile risolvere i problemi di affidamento: basta spaccare il figlio a metà e dire ai genitori: "Ora scannatevi pure con comodo"! .....
E noi così finalmente siamo liberi dal dover prendere decisioni difficili, liberi dal dover ragionare troppo, liberi da ogni responsabilità, liberi di non fare più straordinari: legalmente liberi di poter fare gli "statali a pancia all’aria" senza che nessuno possa dirci nulla!! E' fantastico!”...
Sì sì, ma certo, è giusto così!....
.....
Adottare l'ipocrita metodo del "uguale per tutti" in un ambito così unico e delicato come quello che riguarda il benessere dei bambini è assurdo e folle!
Ogni bambino è unico, ogni bambino ha la sua storia, il suo vissuto, il suo carattere, i suoi sogni, le sue abitudini, i suoi desideri e soprattutto suoi bisogni.
Come si fa a ridurre tutto quello che c'è dietro la vita di ogni singolo bambino in un'unica legge ignorando l'unicità di ogni situazione?
....
LA LEGGE DEVE ESSERE UGUALE PER TUTTI IN AMBITO PENALE ma i bambini non si possono trattare come mafiosi o terroristi da punire, liquidando i loro interessi con una legge fatta solo a misura d'uomo, uomo inteso come adulto di sesso maschile.
Metaforicamente ci potremmo chiedere allo stesso modo: come si fa preconfezionare solo abiti a taglia unica pensando di farli indossare poi sia a Bud Spencer che a Chiambretti? Ma sì: da oggi la taglia è uguale per tutti!
Ma allora anche la terapia medica deve essere uguale per tutti i malati: siamo tutti uguali no? Non è mica giusto che certi malati se la cavano con un'aspirina ed altri debbano fare la chemio terapia vero?
Pensiamo un pò se pure i medici improvvisamente smettessero di fare analisi e dare terapie, e dicano a tutti i pazienti:
“Siccome noi siamo giusti ed onesti e la Medicina è Uguale per Tutti, allora abbiamo fatto una terapia universale per tutti voi pazienti: da domani, se hai un raffreddore, se hai un unghia incarnita, se ti sei fratturato un polso, se sei bulimico, se sei a rischio d’ictus o se hai un carcinoma non importa: il metadone per tutti!!”.

Ma torniamo ai Tribunali, torniamo ai “tutori” dei nostri figli ai quali vorrei chiedere: ok, voi avete fatto le vostre leggi di comodo e steso le vostre teorie ancor più di comodo ma, i bambini scusate? I bambini????
I bambini figli di un genitore che li picchia? I bambini figli di un alcolista? I bambini figli di un genitore tossicodipendente? I bambini figli di un genitore incestuoso??
Li avete forse dimenticati questi milioni di bambini? Volete ancora rispondermi La Legge è Uguale per Tutti??

E voi forse direte:
Bè...i bambini...Aò, purtroppo qualcuno ci deve pure rimettere se noi non vogliamo lavorare troppo: allora sacrifichiamo i bambini visto che è la via più facile, non hanno il diritto di parola e tantomeno un contraddittorio. Ma in fondo poi non è un problema nostro quello che accadrà loro poi, in conseguenza a quei decreti firmati da noi...! (...noi però i nostri figli intanto ce li teniamo stretti!). Mica possiamo pensare realmente al bene di tutti i bambini che ci assegnano eh: sarebbe troppo impegnativo, noi non ci possiamo stressare troppo con i problemi degli altri!”
Sì ma, cercare di capire quale sia la condizione ideale per garantire ad ogni singolo bambino serenità, è il vostro lavoro o no? Altrimenti non ci sarebbe bisogno di tutti voi: è dispendioso per lo Stato pagare tutti questi soldi per Giudici, psicologi, CTU, Servizi Sociali e poi...poi bollare tutti con un'unica insindacabile Legge: se la Legge è Legge allora a cosa servite tutti voi?
E invece mi pare che gli assegni a fine mese però li andate a ritirare lo stesso...o no? E non sono poi così leggeri.
A cosa servite più oggi giorno tutti voi "esperti", pagati per valutare ciò che tanto è già deciso a monte?
Scusate ma è una domanda troppo difficile questa: noi non abbiamo tempo e voglia di pensare uffa!! Ma come, ci siamo costruiti le leggi apposta per non sforzarci troppo ed ora voi ci chiedete di ragionare. Siamo in Italia eh!”.


E sì, siamo in Italia. Siamo in Italia ed io ho quì ironizzato un pò all'italiana.
Voi però fate sul serio e complimenti davvero!
Nel nostro Paese, come in tutti gli altri del resto, ci sono migliaia di bambini che hanno un genitore violento e pericoloso per il loro sano equilibrio ma per fortuna ne hanno anche un altro in grado di proteggerli ed amarli in modo sano ed equilibrato, ed io m’indigno in questi casi a sentir rispondere che “la Legge è Uguale per Tutti”, nel 2010, in un Paese come il nostro, così detto “civile”: m'indigno ogni volta che si parla solo dei diritti degli adulti quando invece si ha di fronte la vita in pericolo di un bambino!!

Menzogna!! La Legge così NON è Uguale per Tutti: è ignobile!
In questo modo la nostra Legge sta discriminando i più deboli, i più innocenti, i più sfortunati, sta discriminando una fetta troppo grossa di bambini: quelli già nati infelici di non avere entrambi i genitori sani, puniti poi da uno Stato che invece di tutelarli da ulteriore male li affida (a prescindere dal loro reale benessere) a tutti e due i genitori e, addirittura, troppo spesso li toglie radicalmente al genitore che più li sa più amare, curare e proteggere.
Tutto in nome di una legge fatta per tutelare solo una parte di adulti e non di certo i figli!
Una legge che, in questi casi, non può e non deve assolutamente essere uguale per tutti i genitori solo perchè tali.
Questo non si può tollerare: il genitore bisogna saperlo fare, saperlo essere.

Complimenti davvero a tutti coloro che nutrono con labili teorie questo scempio dentro ed intorno ai Tribunali per i Minorenni in Italia!
V.D.

lunedì 17 maggio 2010

PAS: un fantomatico mito


Il testo di una lettera inviata a una serie di Istituzioni in Argentina che si occupano del tema e problema degli abusi sessuali commessi su bambini: prendiamo esempio anche in Italia!

Stimati Colleghi,
da già troppi anni, assistiamo in silenzio alla costruzione di un mito teorico.
Un'invenzione generata per assistere genitori separati dai loro figli in divorzi controversi nei quali il padre era accusato di abusare del proprio figlio: la chiamata "sindrome di alienazione parentale" (SAP o PAS).
Gardner con i suoi libri, pubblicati da lui stesso, ha dato la possibilità a molti psicologi di dedicarsi a scrivere libri e dare conferenze, costruendo, con le loro repliche, "un mito", invece di dire chiaramente che si tratta di una sindrome inesistente che non può essere scientificamente riconosciuta, di una malattia che non può essere riconosciuta come tale.
Altri professionisti, ancor meno scrupulosi, hanno presentato la SAP in giudizi, in pubblicazioni, nei mezzi di divulgazione, come una "verità irrefutabile", anche se non risponde a nessuna verità scientifica accertabile e, quello che è peggiore, che contraddice tutto quello che fino ad oggi sappiamo circa la psicologia e la psichiatria infantile.
La SAP (o PAS) é usata per permettere le assoluzioni di prevaricatori di bambini ed i progetti di rivincolazione di prevaricatori con i loro figli; per creare associazioni che riuniscono genitori prevaricatori e si incaricano di diffondere la PAS come se fosse una verità scientifica.

L'assordante silenzio delle istituzioni che raggruppano professionisti della salute mentale, non prendendo posizione davanti a questa aberrazione pseudoscientífica, ha permesso la promozione di pubblicazioni aberranti così che centinaia di bambini sono stati abusati e vittimizzati un'altra volta.
L'abuso sessuale infantile ci aggredisce in una maniera insopportabile.
Inammissibile, impensabile! Come mi ha insegnato la mia cara Isabel Monzón, il peccato della buona gente è non riuscire a vedere il male dove c'é.
Sicuramente, quando no si é professionisti, la nostra prima reazione sarà quella di pensare: "questo non può essere possibile", "questo bambino sta inventando", "come questa persona tanto corretta può essere capace di... ".

Ma come professionisti non ignoriamo la perversione e sappiamo bene che è quasi impossibile che un bambino inventi un abuso sessuale dove non c'é stato; che madri e genitori non hanno la capacità di "alienare" i loro figli senza che questo diventi evidente.
Le testimonianze dei bambini abusati, vittimizzati più volte, non risultano credibili per molti giudici che, in molti casi, ignorano le perizie ed anche tutto ciò che é sostenuto dalla psicologia infantile e credono che i bambini mentono per una loro propensione a fabulare.

Dovrebbe essere nostro obbligo, come professionisti della salute mentale, contribuire alla formazione degli operatori, distruggendo miti, sostenendo con impegno ciò che le teorie ci hanno insegnato, non ammettendo che si continui a propagare una falsa "teoria", una falsa sindrome di una malattia inesistente.

Per questo motivo Vi sollecitiamo a diffondere e a far pubblica la vostra
posizione davanti alla PAS.

Dott.ssa Psicologa, Monica Laura Creus Ureta (Buenos Aries)

domenica 9 maggio 2010

9 Maggio...

Edmondo De Amicis (1846 - 1908)
- A Mia madre -

Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lagrime e gli affanni;
mia madre ha sessant'anni,
e più la guardo e più mi sembra bella.

Non ha un accento, un guardo, un riso, un atto
che non mi tocchi dolcemente il cuore!
Ah! se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto!

Vorrei ritrarla quando china il viso
perch'io le baci la sua treccia bianca,
o quando inferma e stanca
nasconde il suo dolor sotto un sorriso.

Pur, se fosse un mio prego in Ciel accolto,
non chiederei di Raffael da Urbino
il pennello divino
per coronar di gloria il suo bel volto;

vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei,
veder me vecchio, e lei
del sacrificio mio ringiovanita.

martedì 27 aprile 2010

L'ASCOLTO DEL BAMBINO VITTIMA

“L’ascolto del minore presunta vittima di abuso”

Incontri di formazione per magistrati. Consiglio Superiore della Magistratura,
Roma, 17 giugno 2008.


dott. Claudio Foti:



La violenza sessuale sui bambini non avrebbe modo di prodursi in modo continuativo se non ci fossero adulti perversi interessati a costruire un cordone di silenzio attorno alle loro prede, se non ci fossero piccole vittime, incapaci di esplicitare con chiarezza il proprio malessere e, soprattutto, se non ci fosse un ambiente circostante tendente all’insensibilità e all’indifferenza e scarsamente disponibile all’ascolto dei bambini.

La violenza sui bambini è il risultato di una grave ostruzione della comunicazione sociale.
I blocchi sono due: le piccole vittime fanno fatica a chiedere aiuto in forme esplicite, gli adulti che li circondano fanno resistenza all’ascolto. Quando ogni comunicazione attorno all’abuso è bloccata,
quando è impedito ogni tentativo di rivelare e chiedere aiuto da parte della vittima o è sabotato ogni tentativo di prendere sul serio le richieste di protezione e di giustizia della vittima, l’abuso sessuale su un bambino diventa “un delitto perfetto”, come scrivono Gruyer e altri: viene messa una pesante pietra sopra la verità dell’accaduto e sopra il futuro della vittima.
La maggior parte degli abusi che si consumano finiscono per diventare “delitti perfetti”, il cui autore resta impunito e nell’ombra.

Sono gli adulti che entrano in contatto con il bambino, che devono imparare a mettere i più
piccoli nelle condizioni di esprimere il loro disagio, piccolo o grande, i loro problemi piccoli o grandi
riducendo il giudizio, la fretta, la pretesa di prestazione e aumentando l’accettazione, la
disponibilità mentale e di tempo, la vicinanza emotiva.
Solo se gli psicologi impareranno il linguaggio della comprensione empatica e dell’intelligenza emotiva, favoriranno il passaggio di tante vicende di abuso sui bambini dall’impensabilità e dall’indicibilità, all’orizzonte della comunicazione e della protezione, dall’oscurità del segreto alla prospettiva di un delitto, che non sarà più “perfetto”, ma che potrà trovare ascolto, cura e riparazione.


....................................

Chi sono i protagonisti del conflitto culturale sul tema della validazione del
presunto abuso?


Da un lato psicologi ed operatori che, puntando sull’ascolto clinico, possono
entrare in contatto con vittime sempre meno disponibili a subire il segreto, l’imbroglio, il senso di
colpa associati all’abuso, vittime che sono in grado di aprirsi nella misura in cui si sviluppano
nuove possibilità relazionali ed istituzionali di ascolto partecipe (Gordon,1994) e di rispetto del
codice dei sentimenti (Goleman, 1995); dall’altro lato avvocati e psicologi, specializzati nella difesa
di indagati e di imputati di reati sessuali sui minori, tendono a sviluppare tesi funzionali alla difesa
dei loro assistiti, cercando di dimostrare essenzialmente che comunque non esistono procedure
psicologiche o giudiziarie per accertare con sufficiente certezza un abuso eventualmente
sussistente.
(…) La committenza di quest’ultima scuola di pensiero è data da un nuovo soggetto comparso
sulla scena sociale negli ultimi due decenni del secolo scorso con l’aumento vertiginoso dei
procedimenti penali per abuso e pedofilia: gli imputati di reati sessuali ai danni di minori, con uno
specifico interesse alla propria autodifesa e con una forte capacità di negoziazione sociale e
giuridica, sono diventati, direttamente o indirettamente, un importante committente di difese e
perizie legali, di pressioni giornalistiche, di ricerche sperimentali (Pope, Brown, 1996).

La committenza dei clinici spinge comunque a tenere la mente aperta a diversi ipotesi piuttosto che una sola.
Il committente bambino chiede in ogni caso di essere ascoltato...(...) La committenza dell’indagato e dell’imputato è maggiormente rigida: essa non chiede “Voglio essere compreso”, bensì - inevitabilmente – “Voglio essere scagionato!”.

(...) Non si può introdurre nella mente di un bambino un falso ricordo che non sia in qualche modo plausibile, già presente nei suoi script interni.

Si può costruire sperimentalmente nella memoria di un bambino il falso ricordo di uno smarrimento in un supermercato (Loftus, 1993) perché quello smarrimento riguarda un’esperienza già vissuta (magari in forme analoghe) o temuta dal bambino. Un analogo
tentativo di indurre un falso ricordo di un clistere anale invasivo ha ottenuto l’0% di successo nei
soggetti sperimentali (Pezdek, 1995).

(...)Le vittime tendono per lo più a rimuovere o a espellere dalla mente e non già a comunicare la
violenza subita. Una buona parte di queste violenze non sono mai state esplicitate a nessuno nel
corso dell’infanzia e dell’adolescenza. Solo una ridottissima percentuale (2, 9%) ha denunciato
all’autorità giudiziaria l’abuso sessuale subito. La maggior parte degli abusi rimane chiusa dal
silenzio e dal senso di colpa della vittima, avvolta nel segreto e nell’imbroglio, in una
sintomatologia che perde sempre più i nessi con le sue cause.

La negazione è intrinseca alla violenza. Non esiste una guerra o sterminio senza un sistema di propaganda impegnato a dimostrare la legittimità di quegli eventi o a sostenere che non si ha a che fare con guerra e sterminio, bensì con iniziative nobili e necessarie.

Non esiste storia di un genocidio senza una schiera di negazionisti o revisionisti tesi a dimostrare che a ben vedere genocidio non c’è stato.


Il furto di verità accompagna sempre la violenza sul bambino.


L’abuso si produce in due tempi: c’è il tempo dell’azione in cui si consuma il coinvolgimento sessuale e c’è il tempo della negazione nel quale l’adulto abusante trasmette al bambino il messaggio metacomunicativo implicito od esplicito: “Non devi accorgerti che questa è violenza…”, “Non è abuso, tutti i padri lo fanno…”ecc.

Nello scenario dell’abuso c’è un autore della violenza che attraverso la minaccia e il diniego punta a isolare la vittima dalle comunicazioni con il contesto sociale.

C'è poi un bambino che non riesce a porsi come emittente efficace della comunicazione per la presenza di pesantissimi ostacoli esterni ed interni alla rivelazione.

C'è infine un adulto, potenziale ricevente delle comunicazioni del bambino che spesso fa barriera all’ascolto delle emozioni e quindi lascia cadere di fatto le richieste di soccorso del bambino e i suoi tentativi di individuare e mettere alla prova un interlocutore adulto meritevole di fiducia.

mercoledì 21 aprile 2010

MERAVIGLIOSA NATURA!


A chi si ubriaca con la propria misera conoscenza ed ignora la verità della scienza: a chi diffonde assurde teorie a discapito dei bambini vorrei ricordare quanto sia Meravigliosa la Natura.
Potrei farlo con le parole di qualsiasi ricercatore e scienziato ma oggi scelgo alcuni passi di un noto studioso giornalista che dalla Natura estrae sempre e solo l’Essenza: Piero Angela.

"Il cervello del bambino è come una scacchiera. Se le mosse iniziali sono appropriate e l’impianto del gioco è ben sviluppato, la partita è ben avviata; ma se le mosse iniziali sono sbagliate sarà estremamente difficile risollevare le sorti del gioco.
Durante i primi anni, le “mosse” sono quelle fatte dai genitori, dalla madre in particolare, che è la prima vera maestra.
L’ambiente, non bisogna dimenticarlo, comincia già nel grembo materno: il feto comincia già a conoscere l’ambiente in cui vive attraverso il sangue della madre.

Appare con evidenza lampante che il rapporto tra madre e figlio va quindi molto al di là di ciò che noi chiamiamo affetto ed educazione. La madre è chiamata a svolgere un ruolo estremamente più vasto nello sviluppo mentale del bambino: è come una lampada solare che permette la crescita molecolare della sua intelligenza.
Fin dal primo giorno di vita quindi, madre e figlio giocano una partita a due. La madre è, per così dire, una tennista: ogni volta risponde ai lanci, rimanda la palla, e permette alle potenzialità del piccolo di esprimersi.

I ricercatori della John Hopkins University ritengono che un buon rapporto con la madre costituisca una base affettiva solida che consente al bambino di esplorare con sicurezza il mondo circostante, e gli consente quindi di sviluppare meglio la sua capacità di imparare. Questo atteggiamento gli permette anche di avere un migliore rapporto col prossimo, e costituisce già la base del suo futuro comportamento nella società.

Negli animali come negli esseri umani esiste una “segnaletica” istintiva, che portiamo dentro noi per via ereditaria e consiste in una serie di atteggiamenti, espressioni, gesti che non hanno bisogno di essere imparati perchè fanno parte di un repertorio “automatico”.

Un esempio: il neonato è già in grado di comunicare le sue sensazioni attraverso gli strilli o il pianto senza che nessuno gli abbia insegnato a strillare e piangere. Non solo: il pianto è diverso a seconda della sensazione da comunicare: dolore, fame, malattia, paura.
Un altro esempio ancora più evidente: i bambini sordi, ciechi e muti sviluppano il sorriso senza averlo mai visto. Esiste insomma un repertorio di “segnali” innati: la madre è il “ricevitore” ideale, capace di captare nel modo più efficace questi segnali, e di trasmetterne altri che il bambino riesce a percepire.

All’Università di Harvard il professor Wolff ha diretto il laboratorio che ha approfondito queste ricerche, scoprendo che il bambino possiede segnali innati molto più complessi di quelli esistenti negli animali, e che il bambino riesca a percepire l’ambiente emozionale che lo circonda attraverso i gesti, i sorrisi, gli sguardi della madre.

In questo scambio continuo tra madre e figlio, gli psicologi ritengono che abbia molta importanza anche il ruolo del bambino: egli infatti non è un elemento passivo, ma attivo, che stimola a sua volta la madre.

Scrive Wolff: “E’ un duetto che deve rispettare alcune sequenze: il bambino ha delle aspettative, cioè attende dalla madre determinate risposte, e anche la madre ha certe aspettative nei confronti del bambino, ognuno dei due interroga e risponde al tempo stesso”.

Infatti il primo e più importante incontro il bambino lo fa con la madre che organizza sin dall’inizio, il suo mondo fisico e intellettuale e gli consente di emergere piano piano dal buio mentale abituandolo a imparare, esplorare, immaginare, prima ancora che a leggere e a scrivere.
Per questo occorre che ogni madre diventi più “educatrice” che casalinga.
La madre deve essere consapevole che la sua intelligenza, il suo talento, la sua sensibilità, sono praticamente le sole cose che permettono ad un batuffolo umano di emergere dalla notte animale e diventare un essere pensante.
Tocca a lei plasmare, modellare, stimolare la nascita dell’intelligenza, della creatività, della personalità. Il suo compito è molto simile a quello di uno scultore".

(...)

venerdì 16 aprile 2010

Lettera di un Papà col cuore


"Cari PapàSeparati del web:
sono stufo ed annoiato di leggervi, stufo ed infastidito di sopportare il vostro sporcare l'immagine di noi papà degni di questo nome: papà, un mestiere meraviglioso che io e milioni di altri uomini facciamo dignitosamente in silenzio, nel puro rispetto dei nostri bambini. E rispettare i nostri bambini significa saperli ascoltare.

C'è una bella differenza tra reclamare i propri diritti di padre e distruggere invece l'immagine materna: se le mamme sono in passato state più "avvantaggiate" di noi come genitori non sarà forse perchè noi uomini continuiamo a dare un'immagine poco affidabile? Guardiamo la realtà per favore e prendiamo atto che purtroppo noi pur amando spesso allo stesso modo, per natura, non siamo responsabili quanto una mamma che nella maggior parte dei casi mette al primo posto il figlio, mentre noi, ahimè, troppo spesso mettiamo le nostre esigenze e ci convinciamo che siano quelle dei nostri figli.

Prendiamoci le nostre responsabilità e dimostriamo di essere degni padri prima d'intrapendere egoistiche battaglie che danneggiano i nostri bambini: ma purtroppo la cronaca nera, così come le statistiche, i dati ISTAT, non mi sembra stiano dimostrando un "miglioramento" della condotta paterna ma solo un nostro aumento spropositato ed ingiustificato di vittorie giuridiche, mai supportato da dati obbiettivi che dimostrino che effettivamente siamo migliori.

Penso che un uomo che si compiace di poter strappare un figlio ad una madre sia quanto di peggio possa esistere.


Sono stufo e arrabbiato di quanto sta accadendo ed è per questo che con convinzione e fierezza vi dico: facciamola finita di piangerci addosso e facciamoci un esame di coscienza semmai.
La verità è che spesso noi uomini diamo degli ottimi motivi alle nostre mogli per detestarci e poi utilizziamo il rancore che noi abbiamo generato in loro per dipingerle come streghe che usano i figli contro di noi. A parte questo, trovo ancor più preoccupante il fatto che noi uomini abbiamo la pretesa di equipararci alle madri: è una cosa talmente contro natura che solo una specie “evoluta” come la nostra poteva pensare. Siamo talmente evoluti che…

- ancora abusiamo sessualmente dei nostri figli;
- violentiamo le donne;
- le massacriamo di botte e rimaniamo pure impuniti;
- la nostra meta di “vacanza” preferita è la Thailandia;
- non siamo capaci di tenerci una donna ed alimentiamo il mercato della prostituzione per soddisfare i nostri “evoluti” istinti;
- per di più preferiamo i trans alle prostitute…;
- finché abbiamo potuto le abbiamo messe incinte e poi abbandonate ed ora che non possiamo più farlo, ci prendiamo la rivincita portando loro via i figli;
- non riusciamo ad accettare che al lavoro il nostro capo sia una donna;
- sottraiamo soldi alla famiglia per comprarci il suv;

Ci rode talmente tanto di non essere dei veri uomini che ora vorremmo fare le donne ed abbiamo pure il coraggio di parlare (sempre con un certo fastidio) di parità dei diritti a 360° e siamo talmente meschini che per giustificare le nostre pretese assurde ci nascondiamo dietro la più vile delle affermazioni: il bambino ha diritto di frequentare paritariamente entrambi i genitori, come se l’uno si equivalesse all’altro, quando lo sanno pure i sassi quanto la mamma sia importante ed indispensabile nello sviluppo psicofisico di un bambino: negarlo è da vili.

Ma diciamoci la verità: questa bella trovata dell’Affido Condiviso è solo un modo subdolo di troppi uomini di non pagare più gli alimenti: altrimenti, se veramente si voleva fare l’interesse dei bambini, perché non si è fatta una proposta di legge che migliorasse la messa in atto delle disposizioni “tradizionali” dei tribunali, ovvero affido alla madre con diritto di frequentazione del padre? In pratica, a detta di chi si lamenta, le madri impedivano di fatto ai padri di frequentare i figli anche se c’era una sentenza del tribunale che ne stabiliva tempi e modalità; quindi, invece di adoperarsi affinché i loro diritti, in questo caso legittimi, venissero rispettati, hanno preso la palla al balzo per denigrare tutte le donne ed arrivare con le loro pretese addirittura in Parlamento ed approfittare della situazione per arrivare a spaccare in due i figli sotto tutti i punti di vista, al solo scopo di non aprire più il portafogli o peggio vendicarsi andando a colpire la donna proprio nel suo punto più debole: i figli.

Mi chiedo che se ne faranno mai questi poveri bambini di questi miseri e vendicativi padri-separati del web".

Un padre.